REGGIO EMILIA – La Chiesa ha un approccio propositivo con il progresso e non demonizzante per quanto attiene le nuove tecnologie, ivi compresa la comunicazione digitale; ma non è può mancare la preoccupazione che si voglia fare una torre di Babele per dare la scalata al Cielo: l’uomo è l’unico protagonista.
Lo ha precisato a chiare lettere l’arcivescovo Giacomo nel suo intervento all’incontro promosso martedì 6 maggio nei locali della parrocchia di Pieve Modolena dal Centro Diocesano Comunicazioni Sociali sul tema “Comunicatori digitali. La missione della speranza, la sfida dell’Intelligenza artificiale” introdotto da Edoardo Tincani direttore de La Libertà e da don Sergio Billi.
L’uomo deve essere l’unico protagonista. Il riferimento è certamente andato alla intelligenza artificiale (IA) e ai problemi morali ad essa sottesi: chi sono i grandi collettori; come viene compiuta la selezione dei dati?chi elabora i dati su cui la IA opera? chi assemblea i big data? chi dà orientamenti?
Già il termine “Intelligenza Artificiale” a detta di molti è non appropriato, è anzi fuorviante. Mons. Morandi ha sottolineato che esiste una grande differenza tra intelligenza umana e intelligenza artificiale; ha rivendicato la centralità della persona umana con la sua corporeità, razionalità, apertura del cuore umano. La IA detiene un grande potere; ecco perché è stata invocata da più parti la questione etica, altrimenti si prospettano problemi enormi e gli effetti potrebbero essere devastanti.
L’Arcivescovo ha richiamato assieme a documenti del magistero di Papa Francesco, il paragrafo 116 del recente documento “Antiqua et nova”: Poiché «ciò che misura la perfezione delle persone è il loro grado di carità, non la quantità di dati e conoscenze che possono accumulare», il modo in cui si adotta l’IA «per includere gli ultimi, cioè i fratelli e le sorelle più deboli e bisognosi, è la misura rivelatrice della nostra umanità». Questa saggezza può illuminare e guidare un uso di tale tecnologia che sia centrato sull’essere umano, che come tale può aiutare a promuovere il bene comune, ad aver cura della “casa comune”, ad avanzare nella ricerca della verità, a sostenere lo sviluppo umano integrale, a favorire la solidarietà e la fraternità umana, per poi condurre l’umanità al suo fine ultimo: la felice e piena comunione con Dio.
L’intervento del sacerdote milanese don Luca Fossati giornalista ed esperto di comunicazione e web ha diffusamente analizzato – a tratti anche in modo “impietoso” – con il supporto di eloquenti slide la comunicazione che soprattutto a livello di parrocchie e unità pastorale viene utilizzata: dalle bacheche ai bollettini parrocchiali alle chat, dalle newsletter alla stessa grafica.
Punti di forza e di debolezza sono tanti; gli stimoli offerti dal relatore sono stati tanti. Importate è che essa raggiunga con efficacia non solo chi frequenta ma chi è lontano; una comunicazione che deve essere mezzo efficace di evangelizzazione, di comunione, di condivisione.